Il linguaggio delle categorie.
- Laura Realbuto

- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 10 min

Dare respiro alla casa e alla mente
Ogni giorno attraversiamo stanze e pensieri che si intrecciano, oggetti da sistemare, impegni che si accavallano, voci che chiedono attenzione. E in mezzo a tutto questo abbiamo un desiderio semplice: quello di sentire che ogni cosa è al suo posto, anche dentro di noi.
Le categorizzazioni sono piccole bussole che ci aiutano a ritrovare la rotta, non servono per costruire gabbie, ma per aprire spazi. Servono a far respirare la casa e insieme, la mente.
Quando la casa respira, respiri anche tu
La ricerca ce lo conferma, ma prima ancora ce lo dice l’esperienza. Ho trovato due interessantissimi studi che ci aiutano a capire perché l’ordine può farci stare bene da molti punti di vista.
Il primo è dell’Università della California (Saxbe & Repetti, 2010) che ha mostrato che le donne che descrivono la loro casa come caotica hanno livelli di cortisolo, cioè l’ormone dello stress, più alti durante il giorno (PubMed; PDF UCLA).
Il secondo, condotto da Iyengar & Lepper (2000), ha invece evidenziato che troppe scelte possono bloccarci: quando le possibilità vengono ridotte e organizzate per categorie si decide con più calma e soddisfazione (PubMed; PDF accademico).
A proposito di scelte, qualche tempo fa ho scritto un articolo proprio su questo argomento. Lo puoi leggere qui.
Bastano quindi due ricerche per dire con chiarezza che fare ordine non è solo un gesto pratico ma un vero e proprio atto di benessere.
Le categorie come architetture invisibili
Il linguaggio delle categorie è molto semplice perché le categorie sono come fondamenta silenziose che sostengono tutto il sistema organizzativo, qualunque esso sia. Il nostro cervello già lo fa automaticamente senza nemmeno accorgercene.
Sono quelle linee leggere che ti permettono di sapere dove posare le cose, dove tornare e dove lasciare andare.
Qui di seguito ti spiegherò come costruire un sistema di categorie che possa esserti di aiuto nella vita quotidiana e alcuni consigli pratici per mantenerle nel tempo.
Le grandi famiglie delle cose
Per iniziare a strutturare le tue categorie comincia con pochi grandi insiemi: Casa, Famiglia, Lavoro, Cura di te, Finanze.
Questi sono un esempio dei “capitoli” del tuo romanzo quotidiano.
Quando arriva un oggetto, un documento o un’idea, chiediti: “A quale storia appartiene?”
In questo modo eviti che tutto si mescoli ritrovandoti in un racconto che non sai più leggere.
Piccoli spazi che accolgono
Dentro ogni grande insieme puoi creare alcuni sottoinsiemi, ma non troppi per non rischiare di ritrovarti in quello che si chiama “sovra-organizzazione” cioè in un sistema di organizzazione così complesso che diventa caotico e troppo difficile da gestire.
In “Casa”, ad esempio, ci sono “Cucina”, “Camera”, “Ingresso”.
Nel “Lavoro”, ci sono “Progetti”, “Clienti”, “Ispirazioni”.
Più che regole, sono punti di riferimento: piccole case dentro la casa. Non esiste ovviamente una struttura fissa poiché il sistema di categorizzazione è del tutto personale e varia in base alle esigenze di ciascuno di noi.
Una scelta sola, fatta bene
Quando decidi dove va una cosa fallo subito senza pensarci troppo. Quel gesto ripetuto ogni giorno diventa leggerezza perché non devi più pensare, solo fluire.
È come spostare il peso dal cervello alle mani, in questo modo hai meno pensieri da ricordare e più spazio per vivere.
I contenitori che raccontano
Le scatole, le cartelle, i vassoi non sono i tuoi strumenti alleati. Per facilitare il tuo cervello, ogni cartella, scatola o contenitore merita di essere etichettato a dovere. Scrivi quindi etichette semplici con parole brevi e forme coerenti.
Sprigiona la tua creatività e personalizzale, ad esempio utilizzano un colore diverso per ogni categoria e una scrittura diversa per le sottocategorie.
Ogni contenitore racconta una storia che riconosci subito e in quel riconoscimento ritrovi pace.
Routine che rasserenano
Ogni giorno dedica cinque o dieci minuti per “ricondurre” ciò che è in giro come la posta, le chiavi e piccoli oggetti nomadi (sì, proprio quelli che se si accumulano ci fanno perdere ore di tempo prezioso).
Questo piccolo rito trasforma la casa in un organismo vivo che respira con te. Ti serve solo un po’ di volontà e la costanza di un gesto gentile.
Quando l’ordine diventa benessere
C’è un momento dopo aver riordinato in cui lo spazio tace, è una quiete che si sente nella pelle ed è come se anche il corpo potesse finalmente respirare.
L’ordine è un linguaggio che la mente comprende profondamente.
Ogni oggetto collocato nel suo posto diventa un messaggio di coerenza che dice: “so dove sono, so cosa conta, so cosa lasciar andare” e questa chiarezza esterna si traduce, in modo quasi immediato, in una chiarezza interna.
Oggigiorno viviamo costantemente immersi in stimoli di ogni tipo (visivi, sonori, emotivi) che chiedono di essere interpretati e quando lo spazio in cui viviamo è disordinato o sovraccarico, il cervello deve continuamente filtrare, scegliere, ignorare.
Questo processo invisibile ma costante consuma energia mentale aumentando la stanchezza e riducendo la capacità di concentrazione.
Rimettere ordine significa ridurre il “rumore di fondo” che logora la nostra attenzione: è come abbassare il volume del mondo per poter ascoltare meglio la propria voce.
Sul piano emotivo invece l’ordine offre rassicurazione perché sapere che ogni cosa ha un posto crea un senso di stabilità e di continuità.
In un mondo che cambia di continuo la casa o qualsiasi spazio abitato, diventa un ancoraggio gentile e l’ordine ci ricorda che non possiamo controllare tutto, ma possiamo creare luoghi in cui sentirci al sicuro.
E poi c’è l’ordine invisibile, quello delle decisioni già prese. Infatti, ogni volta che scegli una categoria o una regola chiara liberi la mente da decine di micro-scelte ripetitive così spendi meno energia nel decidere e ne guadagni per vivere, creare ed amare.
Ed è proprio così che l’ordine smette di essere un fine e diventa una forma di cura quotidiana, una pratica utile a costruire un ambiente che sostiene e in quella semplicità, fatta di gesti, spazi e coerenze, nasce una sensazione preziosa: la serenità. Quella calma che dipende dal sentirsi finalmente allineate tra ciò che si vede e ciò che si sente.
Come tradurre le categorie nella vita di ogni giorno
L’ingresso
Il primo sguardo del rientro. Posiziona un vassoio per la posta in entrata, un gancio per le chiavi, un piccolo spazio per le borse e le scarpe.
La sera dedica cinque minuti per ripristinare l’armonia che ti accoglierà il mattino successivo.
La cucina
Nella tua dispensa poche zone chiare: “Colazione”, “Pranzo”, “Snack”. Tre opzioni per tipo bastano perché troppa abbondanza rischia di confondere invece la semplicità nutre.
Ridurre le scelte rende più sereno anche cucinare.
L’armadio
L’armadio è una delle categorie più intime che possediamo perché parla del modo in cui abitiamo noi stesse.
Comincia separando i vestiti per contesto: lavoro, tempo libero, occasioni speciali. Dentro ogni contesto scegli pochi capi che ami davvero come quelli che indossi senza esitazione e che ti fanno sentire a tuo agio.
Piega o appendi con coerenza in base alla tipologia: maglie insieme, pantaloni insieme, abiti insieme. Usa scatole o ceste per accessori e stagioni diverse.
Lascia visibili solo gli abiti della stagione in corso per alleggerire la vista e anche la mente.
L’armadio ordinato è un piccolo altare quotidiano che ti accoglie ogni mattina e ti accompagna quando esci nel mondo.
Iniziare la giornata scegliendo da uno spazio sereno ti aiuterà a portare fuori quella stessa serenità.
L’ufficio in casa
Per lavorare bene ti serve semplicemente una scrivania che parla di te e non dei tuoi arretrati. Ordina le carte in questo modo: un vassoio per le cose da fare, uno per quelle in attesa, uno per ciò che è finito ed è da archiviare.
Ogni fine giornata dedica cinque minuti per chiudere con chiarezza e per fare una lista delle cose da fare per il giorno dopo.
La cameretta
Piccole case per i giochi: una per i libri, una per le costruzioni, una per l’arte.
Coinvolgi i bambini nel dare un nome agli spazi perché quando un sistema nasce insieme diventa naturale seguirlo.
Le categorie invisibili
Dare ordine ai pensieri per alleggerire la mente
Non tutte le categorie si vedono. Ce ne sono alcune più sottili che non abitano nei cassetti o negli armadi, ma dentro di noi. Sono i pensieri che si accavallano, le cose da ricordare, le preoccupazioni sospese, i desideri che chiedono spazio. Anche loro hanno bisogno di essere accolti, nominati e quando serve lasciati andare.
Queste sono le categorie invisibili e imparare a riconoscerle è un atto di consapevolezza profonda.
Quando senti la mente piena come se non ci fosse più aria per pensare, il problema spesso non è la quantità delle cose da fare, ma la mancanza di confini tra una e l’altra.
Anche in questo caso rimettere in ordine significa separare con dolcezza.
Il primo passo: far uscire ciò che pesa
Prima di decidere dove mettere ogni pensiero bisogna lasciarlo uscire. Un metodo semplice, ma straordinariamente efficace, è la tecnica del brain dump, letteralmente “svuotamento mentale”.
Prendi un foglio, un quaderno o un grande cartoncino bianco e scrivi tutto ciò che ti passa per la mente: compiti, impegni, emozioni, pensieri ricorrenti, anche le cose piccole o assurde. Non giudicare, non organizzare e non cancellare, lascia che tutto esca come se stessi aprendo le finestre di una stanza chiusa da troppo tempo.
Vedrai che a poco a poco sentirai un sollievo fisico. Il cervello smette di fare da archivio e può tornare a fare ciò che gli riesce meglio cioè pensare con libertà.
Fai le tue scelte gentilmente
Una volta che tutto è fuori puoi iniziare a vedere. Rileggi il foglio e chiediti: “A quale ambito appartiene questo pensiero?”. Puoi creare macro-categorie anche qui come fai con la casa:
Famiglia e relazioni
Lavoro e progetti
Cura di me
Casa e quotidiano
Sogni e ispirazioni
Raggruppare le voci secondo il loro significato è come raccogliere i fili sparsi di una matassa. Non tutto richiede azione, ad esempio alcune cose chiedono semplicemente di essere riconosciute, guardate.
Qui nasce la differenza tra ciò che è priorità e ciò che è rumore mentale.
Trasformare il caos in mappa
Dopo aver raccolto le categorie invisibili trasferiscile su un supporto che puoi toccare, può essere una pagina del tuo planner, una lavagna, una bacheca oppure una semplice lista digitale, l’importante è che quello spazio diventi la “casa” dei tuoi pensieri.
Annota sotto ogni categoria le azioni da compiere e i pensieri da lasciare andare (sì anche quelli) perché guardare tutto dall’alto ridimensiona la complessità e potrai scoprire che molte di quelle cose non erano montagne come immaginavi, ma piccoli sassolini.
Puoi ripetere questo esercizio ogni volta che senti di perdere il filo, è un modo gentile per riallinearti, per dare un nome alle sensazioni e restituire ordine alla mente.
A poco a poco il brain dump diventa una forma di respiro perché ti insegna a lasciare andare l’eccesso e a tenere con te solo ciò che serve davvero ed è utile per te.
L’ordine che nasce dentro
Quando impari a categorizzare anche i pensieri, l’esterno e l’interno si incontrano. La casa smette di essere un teatro dove rincorrere il controllo e diventa lo specchio di una mente più chiara.
Le categorie si trasformano in gesti di consapevolezza perché ogni volta che riporti al suo posto un oggetto, un pensiero o un’emozione, stai costruendo una nuova forma di equilibrio: quella in cui l’ordine esteriore e quello interiore si parlano e si sostengono a vicenda.
Strumenti semplici che fanno la differenza
L’ordine per categorie si mantiene meglio se si hanno anche gli strumenti giusti e visto che io amo le liste eccone qui una con gli strumenti efficaci per raggiungere facilmente questo obiettivo.
Un’etichettatrice per parole chiare e leggibili.
Scatole uguali ma di diversi colori o misure, per rassicurare lo sguardo.
Vassoi “in arrivo” situati nei punti strategici come ingresso, cucina, scrivania, per evitare di lasciare le cose dove capitano.
Un planner familiare per vedere tutto con un solo colpo d’occhio.
App per liste che ti liberano dal dover ricordare tutto. Bastano semplici applicazioni che puoi trovare nel tuo smartphone senza dover scaricare applicazioni extra.
Un timer da cinque o dieci minuti per routine brevi ma costanti: il tempo giusto per fare senza stancarsi.
Come far durare il cambiamento
Ogni trasformazione, anche la più piccola, ha bisogno di tempo, pazienza e ripetizione. L’ordine non si conquista in un weekend, ma si costruisce come si coltiva un giardino con gesti regolari, con attenzione e con rispetto per le stagioni della vita.
All’inizio è tutto entusiasmante perché il desiderio di mettere tutto a posto si accende subito e si muove rapido, ma poi inevitabilmente arriva la fase più vera, quella della costanza.
Ed è proprio in questo momento che bisogna tener duro perché è che qui il cambiamento si consolida: quando, anche nei giorni pieni scegli comunque un piccolo gesto di coerenza.
Quanto tempo ci vuole?
Non esiste un numero magico, ma la ricerca psicologica offre qualche punto fermo. In media, secondo uno studio pubblicato sull’European Journal of Social Psychology, servono tra i 60 e i 70 giorni perché un nuovo comportamento diventi automatico.
Questo non significa che dopo due mesi tutto sia perfetto, ma che la nuova abitudine inizia a radicarsi, a richiedere meno sforzo mentale e a diventare parte della tua identità.
Così, l’abitudine di riportare le cose al loro posto nelle categorie che hai creato o quella di dedicare quei cinque minuti la sera al “ricondurre”, comincia a vivere da sola.
Come nutrire la costanza in 5 passi
1. Collega i gesti ai momenti della giornata.
Quando associ un’azione a un contesto preciso ad esempio “dopo cena passo in cucina”, “prima di dormire sistemo la scrivania”, in questo modo l’abitudine si lega al ritmo della vita e non dipende più dalla forza di volontà.
2. Parti sempre dal piccolo.
Il cervello ama i successi immediati e in questo le categorie sono maestre, meglio una mensola ordinata che un’intera stanza rimandata. Il cambiamento cresce da sé quando lo rendi accessibile.
3. Celebra ciò che funziona.
Ogni piccolo risultato è un segno di fiducia in te stessa.
Fermati a guardare lo spazio che hai trasformato e sentine la calma. È così che il nuovo attecchisce.
4. Rendi il sistema condiviso.
Coinvolgi chi vive con te nella creazione delle regole e delle categorie. Quando tutti comprendono il linguaggio dell’ordine, non serve più “spiegare”.
5. Sii morbida con le ricadute.
Ci saranno settimane più piene e momenti in cui l’ordine vacilla. Non è un fallimento ma una parte del ritmo naturale. L’importante è non abbandonare il sentiero, ma tornare ogni volta a quel gesto gentile che riporta equilibrio.
Con il tempo, ciò che oggi richiede attenzione diventerà naturale.
L’ordine non sarà più un progetto da mantenere, ma un modo di stare nel mondo, una forma di respiro, di rispetto e di presenza.
Conclusione: il linguaggio delle categorie
Le categorizzazioni non sono una gabbia ma una grammatica gentile e sono funzionali al mantenimento dell’ordine nel tempo.
Ti permettono di scrivere la tua vita con meno interruzioni e più respiro perché ogni volta che assegni un posto semini tranquillità, riporti qualcosa al suo luogo e coltivi presenza.
E così, giorno dopo giorno, la casa diventa un giardino e uno spazio dove anche tu puoi finalmente fermarti e dire: “qui sto bene.”






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