Se mi segui su Instagram, saprai che circa una decina di giorni fa ho lanciato un sondaggio per capire meglio quale parola tra “decluttering” e “riordino” risuonasse meglio per la mia community, non solo per adattare di conseguenza la mia comunicazione, ma anche per comprendere quali emozioni e pensieri scaturiscono dall’uso di questi termini.
La scelta di creare questo sondaggio è nata principalmente per due motivi: il primo deriva dal fatto che, ultimamente, confrontandomi con alcune persone proprio sul tema del decluttering è emerso che questa parola spesso suscita sensazioni negative, come privazione e allontanamento. Il secondo risiede nell’aver notato la confusione che spesso questi due termini generano nelle persone.
Infatti, decluttering e riordino sono due termini assimilabili tra loro, ma che, in realtà, hanno un significato di fondo molto diverso.
L’articolo di oggi nasce quindi dalla mia volontà di fare chiarezza su questi termini, pilastri della mia comunicazione e della mia professione.
Quando si parla di decluttering.
Premetto che non esiste una traduzione in italiano di questo termine. Decluttering è una parola inglese composta da “de”, che esplicita una negazione, e “clutter” che significa ingombro, superfluo. La classica traduzione italiana che troviamo di questo termine è “eliminare il superfluo”.
Infatti, è proprio così: il decluttering è quella pratica che permette di eliminare il superfluo. Fin qui siamo tutti d’accordo. Ma nella mia personale concezione di questa pratica c’è molto di più. In primo luogo perché si tratta di un processo creativo che mette in atto moltissimi meccanismi, non solo fisici, ma soprattutto mentali ed emozionali. In secondo luogo, perché funge da catalizzatore per il cambiamento e la trasformazione.
Fare decluttering vuol dire fermarsi a guardare se stessi con occhi sinceri. Imparando a osservare te stessa attraverso ciò che hai intorno, puoi operare delle scelte consapevoli che faranno da ponte per la trasformazione che vuoi ottenere.
Decluttering, non vuol dire semplicemente radunare oggetti in un sacco nero per eliminarli definitivamente. Più precisamente, questo potrebbe essere un passaggio a cui si può arrivare, ma solamente dopo aver passato in rassegna ciascun oggetto e aver deciso con consapevolezza di che cosa ci si vuole circondare, con cosa si vuole essere felici, indagando dove risiede la serenità: nell’ingombro o nello spazio?
Fare decluttering vuol dire allenarsi a prendere decisioni allineate con la propria essenza. Se non riusciamo a decidere cosa fare di un abito che non indossiamo da 10 anni, come possiamo affrontare le scelte e i bivi che la vita ci pone davanti? Così il decluttering diventa una palestra per allargare la propria zona di comfort, poiché ogni scelta, piccola o grande che sia, porta con sé anche delle rinunce. Per questo è importante essere consapevoli e presenti.
Ecco… il decluttering è tutto questo: un passaggio fondamentale del riordino.
Quando si parla di riordino.
Quando penso al riordino, da grande romantica quale sono, mi viene in mente la poesia del grande Leopardi: “La quiete dopo la tempesta”. In questa poesia, Leopardi descrive uno dei due momenti in cui è possibile provare il sentimento della felicità, che risiede proprio al termine della “tempesta”, del “caos”.
Il riordino è molto simile. Infatti, attraverso questo processo si percorre il caos per tornare nella propria “casa”, fatta di pace e tranquillità.
Non parlo di casa soltanto da un punto di vista materiale, ma anche, e soprattutto, a livello simbolico.
La casa è lo specchio di ciò che portiamo dentro di noi. Se dentro abbiamo il caos, esso si manifesterà anche nel nostro ambiente domestico. Si parla di anima e di storia: la storia e le esperienze che ci portano a fare ordine fuori e dentro di noi.
Le 6 fasi del riordino.
È così che il riordino, di qualunque natura esso sia, attraversa alcuni passaggi fondamentali che elenco qui di seguito.
Il caos. Sono tutte quelle situazioni che non ci fanno stare bene. La casa in soqquadro, la mancanza di tempo, le questioni irrisolte.
Tirare fuori. Per riordinare bisogna immergersi nel caos. Bisogna aprire tutti i cassetti e tutti i mobili e tirare fuori ogni cosa che si trova al loro interno. Così come si aprono i cassetti e i mobili, allo stesso modo si apre anche il cuore.
L’osservazione. Dopo aver tirato fuori tutto, dai cassetti e dal cuore, è necessario osservare tutto ciò che c’è, senza giudizio e con accoglienza.
Il decluttering. Soltanto dopo aver osservato è possibile decidere cosa fare di ciò che è stato tirato fuori: tenere o lasciare andare? È in questa fase che emergono le consapevolezze più grandi.
La riorganizzazione. Ora che sono rimaste solamente le cose di cui vuoi circondarti, puoi sistemarle prendendo le misure dei tuoi spazi, dei tuoi cassetti e del tuo cuore. Per ogni cosa che passerai in rassegna, chiediti quanto spazio vuoi dedicarle, e, per ogni spazio, chiediti quanto sei disposta a riempirlo, senza mai dimenticare di lasciare un po’ di spazio per il futuro.
La trasformazione. Avviene soltanto dopo aver attraversato tutte queste fasi. È la fine della “tempesta”, celebrato dal ritrovamento della serenità, fuori e dentro di te.
Similitudini e differenze.
Come hai potuto leggere, riordino e decluttering sono due cose molto diverse tra loro: sono complementari, ma non sono la stessa cosa.
Il processo di riordino porta al suo interno la fase del decluttering in quanto pratica per fare spazio e operare scelte consapevoli, passaggio fondamentale in ogni operazione di riordino.
La pratica del decluttering è funzionale al riordino, ma è soltanto una parte di esso, ovvero quella parte che ti aiuta ad alleggerire lo spazio, il tempo e la mente.
Se sei in crisi e senti la necessità di fare ordine e spazio fuori e dentro di te, visita le pagine della mia casetta online, Maggese e Mietitura. Magari potresti trovare proprio ciò di cui hai bisogno!
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